Isadora Duncan: pioniera della danza moderna americana

Isadora Duncan Danza Moderna

La danza moderna: nascita ed evoluzione di un nuovo modo di concepire il balletto

Isadora Duncan dovrebbe essere di ispirazione per tutte le nuove generazioni di bambini che si avvicinano al mondo della danza, sia per coloro che decidono di intraprendere questo percorso come attività amatoriale, sia per coloro che sognano di calcare un giorno i palchi dei teatri più prestigiosi del mondo, esprimendo, attraverso il movimento armonico del corpo, tutte le sfaccettature dell'animo umano e del proprio essere.

Fu proprio la ricerca di esprimere con movimenti coreutici l’interiorità umana  che, nel XIX secolo, portò alla nascita di quella che venne definita "danza moderna" dai teorici dell'epoca: un nome che già indica nella sua etimologia un netto distacco con il passato e con quello che era conosciuto sin dalle origini come "balletto classico".
Una vera e propria corrente artistica che investì con devastante forza d'urto ogni parte del mondo, dall'Europa agli Stati Uniti, luogo di nascita della sfortunata ballerina di cui andremo a raccontare la triste storia come se si trattasse di una fiaba con la morale: precorritrice di questo nuovo modo di intendere la danza, così affine alla sua personalità libera, e allo stesso tempo, profondamente tormentata.

 

Isadora Duncan: la vita privata di una sfortunata stella

Verso la fine del 1800, anche negli Stati Uniti, nonostante un clima di modernità rispetto ad altri luoghi del mondo meno civilizzati, non era comunque semplice crescere come una donna libera ed emancipata, capace di pensare con la propria testa e scegliere a quali convenzioni sociali aderire e a quali contravvenire con forza e determinazione.

In una vita costellata di disavventure, Angela Isadora Duncan ebbe perlomeno la fortuna di nascere a San Francisco il 27 maggio 1877 da una giovane madre irlandese insegnante di pianoforte, che accompagnò tutta la sua infanzia con le note dei migliori musicisti classici dell'epoca, instillando giorno per giorno nella figlia la passione per le arti e per la musica come accompagnamento della vita stessa che scorre inesorabilmente. Il pensiero della Duncan fu che, indipendentemente da come ognuno decida di vivere la propria vita, questa passa inesorabile e sta solo a noi sfruttare il tempo a disposizione, sfruttandola in pieno o solo in parte. Isadora decise di viverla in tutte le sue sfaccettature, purtroppo anche in quelle più distruttive.

Segnata dall'abbandono del padre, avvenuto quando aveva solo tre anni, la bambina reagì con una straordinaria forza d'animo e crebbe indipendente, libera ed emancipata in modo eccezionale per l'epoca.
Lo dimostra la vita che intraprese una volta diventata adulta, eccentrica e non sempre felice dal punto di vista amoroso: ben tre compagni, un marito e tre figli da uomini differenti. Una vita ricca soprattutto di soddisfazioni professionali vissute sempre con passione e amore verso la danza e l'espressione di sé che questa era capace di restituire al pubblico. Proprio in questa interazione riusciva a mostrare la vera essenza del proprio animo, a conoscersi fino in fondo con tutte le proprie forze e fragilità, nuda nella sua umanità.

Un bagaglio emotivo e di vissuto davvero importante quello della nostra Isadora, compagna prima dell'attore e regista Edward Gordon Craig, poi del ricco e potente industriale Paris Eugene Singer ed infine moglie del poeta Sergej Esenin, con il quale ebbe una tormentata e passionale relazione di un solo anno, ma intenso: di diciotto anni più giovane di lei, nel 1921 se ne innamorò durante il soggiorno in Russia e insieme vagarono tra l'Europa e l'America vivendo un matrimonio disastroso e distruttivo,  minato soprattutto dal carattere dell'uomo sempre incline a dare scandalo e ubriacarsi e  talmente sofferente da porre fine alla sua vita nel 1925  suicidandosi miseramente.

La vita privata della Duncan era già stata distrutta nel 1913, quando un'incredibile disgrazia, insopportabile per qualsiasi madre, portò alla morte dei due figli Deirdre e Patrick, di soli 7 e 3 anni, avuti dai primi due compagni. In gita insieme alla governante, per un'infausta distrazione dell'autista che non mise il freno a mano durante un banale intervento alla macchina in panne, morirono annegati nella Senna senza alcuna possibilità di salvezza.
Un destino incredibilmente crudele per una donna che l'anno dopo, probabilmente per tentare di colmare lo strabordante dolore, tento di avere un altro figlio da un artista italiano sconosciuto: purtroppo il piccolo morì appena nato.

Il peso della vita fu allora insopportabile anche per lei, una persona che aveva sempre cercato di vivere ogni sorta di esperienza con la massima passione ed entusiasmo, e che viveva ogni giorno la vita come un'opera d'arte in ogni sfera possibile, sia privata che professionale.
L'alcol divenne un fidato compagno delle tristi giornate successive all'accaduto: questa “consolazione” però determinò un rapido declino nel mondo della danza ed una serie di scelte sbagliate in campo amoroso, come il matrimonio con Esenin.
Ormai abbandonata dalla folla acclamante e sperperata la fortuna accumulata, la stella eclissata di Isadora Duncan visse gli ultimi anni della sua vita tra Nizza e Parigi, conducendo una vita sregolata e al limite della decenza.

La morte la colse con circostanze spettacolari e inusuali, quasi un tributo al personaggio eccentrico, innovativo ed eclettico che era stata. Non poteva certo essere una fine banale la sua. Invitata a cena da un amico a Nizza, il 14 settembre 1927 la sua lunga sciarpa accidentalmente si impigliò nei raggi della ruota della macchina sportiva su cui era appena salita e, appena l’auto ripartì a tutta velocità, rimase strangolata e morì sul colpo per la rottura dell'osso del collo.
Il mondo per settimane non parlò d'altro e certamente questo episodio non fece altro che accrescere la fama e l'ammirazione per il lavoro di uno dei personaggi più interessanti e controversi della danza del periodo a cavallo tra la fine dell'800 e gli inizia del 1900.
È molto triste constatare che troppo spesso il valore reale di un artista e il tangibile apporto che lo stesso ha portato a questo mondo sia riconosciuto in tutta la sua importanza solo dopo la morte. Isadora era stata amata e acclamata, è vero, ma una volta iniziato il declino erano state più le persone ad abbandonarla che quelle che le restarono vicino nella difficoltà.

Lei tuttavia credeva sempre nell'amore, come dimostra l'ultima frase che probabilmente pronunciò prima di salire sull’auto e quindi poco prima di morire: "vado verso l'amore". Probabilmente si riferiva all'amico Benoit Falchetto, conducente dell’auto sportiva, con il quale probabilmente stava per vivere una notte di passione in albergo.

 

Isadora Duncan e la sua idea di danza moderna delle emozioni

In netto contrasto con la staticità del balletto classico, la danza moderna si pone come obiettivo quello di ribellarsi contro gli stereotipi del passato e nessuno meglio di Isadora Duncan amava ribellarsi a ciò che non concepiva come sincera e reale passione ed emozione.

Questa “nuova” danza, promossa da lei e numerosi artisti sparsi per il mondo, prediligeva movimenti lineari e naturali, seppur definiti da un grande lavoro teorico, che delineassero la personalità del ballerino, il quale non era più solo uno strumento in funzione del balletto, ma un essere unico e con le proprie caratteristiche che dovevano arrivare in modo diretto al pubblico. Per tale motivo, infatti, molto spesso la figura del coreografo, dello scenografo e del ballerino coincidevano nella stessa persona, proprio come espressione di un'arte totale e soprattutto totalizzante a livello emozionale.

Non si trattava più solo di danzare per un'utenza borghese da importanti palcoscenici, ma di esibirsi per i veri amanti dell'arte che sapevano cogliere l'urgenza della danza e la necessità di metterla in scena ovunque ci si trovasse, proprio come espressione di un moto interiore impossibile da arginare.

Lo spazio perde la propria monumentalità e diventa anch'esso parte integrante dello spettacolo, utilizzato nella sua interezza con movimenti non solo frontali, ma anche laterali e di schiena: ogni punto e direzione del palco poteva e doveva essere occupato dalla fisicità del ballerino.

Il corpo non è più inteso come un'entità immateriale che deve librarsi in aria quasi non avesse un peso; doveva invece mostrare volontariamente la propria umanità e tangibilità in uno stretto rapporto con il suolo. Non di rado, infatti, il ballerino si adagiava per terra con naturalezza, concetto inapplicabile al balletto classico.

Ulteriore e significativo cambiamento è il rapporto con la musica, non più seguita diligentemente nel suo ritmo, ma integrata in modo più creativo al proprio ritmo interno, che poi è quello del cuore, tanto caro ad Isadora. La danza era la sua ossessione, perché simbolo di spontaneità e immersione nella natura: la Duncan cercava di portare questo concetto in giro per il mondo durante i suoi spettacoli.

La sua visione dell'arte era molto vicina a quella degli antichi greci, in una chiara reinterpretazione del mito classico e soprattutto della filosofia di Nietzsche.
L'elemento predominante della sua ideologia era quello dell'onda con il suo continuo fluire sempre diverso ma armonico, senza mai porre fine al suo ciclo di continuo movimento e rigenerazione. Un'immagine splendida, ripresa ed esemplificata dagli abiti leggeri e volutamente ispirati ai pepli antichi, ai capelli sciolti e fluenti e all'abitudine di danzare con i piedi scalzi, interpretando le classiche scarpe da ballo, così rigide e dolorose, come una delle costrizioni da abolire assolutamente.

Come capita spesso alle stelle più splendenti, le sue prime esibizioni negli Stati Uniti non furono molto apprezzate, mentre a partire dal 1900 in Europa iniziò ad ottenere tutto il successo meritato, esibendosi in danze libere ricche di passione ed emotività, quasi empatiche con le fragilità di ogni componente del pubblico, che divenne sempre più numeroso nelle interpretazioni di brani di Gluck, Beethoven, Chopin ed altri importanti musicisti classici, forse in ricordo e omaggio a quella madre così abile nell'educarla alla bellezza artistica tanti anni prima.
Enorme successo ottenne anche nel cosiddetto "periodo russo", dove numerosi dei più famosi critici dell'epoca rimasero colpiti dalla sua grazia innata ma mai artefatta: probabilmente il complimento più apprezzato che potesse ricevere.

Mentre le sue colleghe danzavano in scarpette e tutù, lei volava sulle punte dei piedi scalza e vestita di una tunica leggera. Mentre le sue colleghe seguivano rigidi schemi e regole stringenti, lei si lasciava andare al suo sentire, come un’onda che si frange sulla riva. Mentre le altre donne erano convinte che essere donna significasse solo essere mamme e mogli devote, lei affermava che non era necessario un marito per crescere i figli, e mostrava al mondo che l’amore non ha età. E che ognuno è libero di amare chi vuole.

Passionale, ribelle, geniale. Isadora Duncan ha fatto della sua vita un’opera d’arte. Ha amato tanti uomini, ha visto tanti luoghi, ha sfidato le regole della borghesia. Ha vinto e ha perso. Ma sempre con fragore, tra gli applausi o i fischi del pubblico. Fino alla sua fine, così assurda, che neanche lo scrittore più fantasioso avrebbe potuto immaginare. Una diva maestosa. Anche nel suo ultimo atto.

 

Isadora Duncan: la vocazione pedagogica e l'eredità ai posteri

Avendo avuto la fortuna di crescere in un ambiente emancipato e libero, Isadora vedeva come una vera e propria missione la formazione artistica di bambine e ragazze che probabilmente non avevano avuto la sua fortuna o avevano semplicemente bisogno di una guida non solo pratica, ma anche ideologica ed emotiva.

Per questo nel 1903, a Berlino, tenne una famosa conferenza sulla danza del futuro, elencando tutte le caratteristiche che la sua concezione di arte doveva possedere, in una sorta di “manifesto della danza moderna”, modalità tanto in voga negli anni futuri per ogni forma di innovazione se pensiamo ad esempio alle varie correnti come il futurismo, il dadaismo ecc.
La sua intenzione, tuttavia, non era quella di un semplice proclamo ribelle e di esclusiva rottura, ma più che altro quella di insegnare e trasmettere alle generazioni future quanto di intimo ed interiore era possibile esternare tramite la danza, più per un beneficio personale e di interazione con un pubblico empatico che per soddisfare il grande pubblico del balletto classico. Con lo stesso scopo fondò e plasmò secondo il proprio modello scuole di danza in Europa: due in Germania, una a Parigi e una a Mosca, prima del definivo avvicinarsi del suo declino, quando venne definita brutalmente un’alcolizzata.

Fu invece un punto di riferimento importante per tutte le generazioni future, l'esempio che con la giusta interpretazione ed emotività è possibile sopperire anche alla mancanza di una tecnica sopraffina, perché la danza per lei era soprattutto questo: trasmettere il proprio io al pubblico e lasciarlo intimamente interagire con l'io di ogni spettatore  in un dialogo segreto e personale.
Ogni persona che si approccia al mondo della danza dovrebbe carpire  lo straordinario insegnamento di Isadora Duncan, per vivere questa esperienza al meglio e soprattutto come un arricchimento personale, al di là dei traguardi che in futuro si possano pensare di raggiungere o meno.

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